I sola del Piano è una ridente cittadina adagiata su una piccola altura a 210 metri sul livello del mare, tra le vallate del Foglia e del Metauro, ai piedi dei Monti delle Cesane, a pochi chilometri da Fossombrone.
Si tratta di un borgo dalle origini antiche, con tracce di insediamenti preistoriche e romane, che poi venne coinvolto nelle lotte fratricide tra guelfi e ghibellini, quando Impero e Stato della Chiesa si fronteggiavano a campo aperto proprio nei territori marchigiani. L’origine di questo nome particolare deriva dal latino “insula”, ovvero “isola” o “isolato”. Probabilmente era un agglomerato di abitazioni circondate da uno spazio libero e non era ancora sorto un castello.
In realtà, Isola del Piano, in età medievale, era conosciuta anche come “Insula Planensium”, “Insula Piani” o “Insula Planosa”, finanche “Isola di Urbino”. Si pensa che dopo le invasioni dei Goti e Longobardi (V-VI secoli), la popolazione abbia lasciato la pianura per ritirarsi su un’altura più facilmente difendibili. In seguito alle lotte tra guelfi e ghibellini, il borgo venne distrutto, ma la tenacia e il coraggio dei cittadini fecero sì che il borgo fosse ricostruito in forma di castello. Successivamente Isola del Piano passò sotto il Ducato di Urbino e nel 1574 ai Castiglione di Mantova; tra gli esponenti più celebri di tale famiglia spicca Baldassarre, scrittore e uomo d’armi alla corte del Duca di Urbino, che diede alle stampe “Il Cortegiano”, in cui dispensa consigli e suggerimenti agli uomini di corte per intrattenere al meglio i signori con buone maniere, musica, poesia e arte.
Oggi, Isola del Piano è baluardo del bio, infatti fa parte dell’Associazione Nazionale delle Città del Bio, e sul comune svetta la Bandiera Verde per l’Agricoltura. D’estate sul suggestivo Belvedere Montone ci si muove al ritmo della musica dei concerti qui organizzati, dopo aver mosso quattro passi tra le abitazioni borghesi e le cantine sotterranee del centro storico, racchiuse dalla cinta muraria castellana in pietra locale.
Tra le testimonianze architettoniche che si distinguono nel centro storico di Isola del Piano una degna di attenzione e interesse, sia per la storia che si porta alle spalle, sia per i caratteristici elementi architettonici che la compongono (tra cui il suggestivo portale in arenaria del XVI secolo), è sicuramente il Palazzo Baldassarre Castiglione, costruito nel XVI secolo e oggetto di doppia ristrutturazione, nei secoli XVII e XIX. La storia di questo palazzo si lega indissolubilmente alla tradizione feudale del Medioevo, secondo la quale re, papi o principi solevano donare un feudo, ovvero un territorio, a quanti avevano prestato servizio in loro favore.
Nel XVI secolo, anno di costruzione del Palazzo Castiglione, il vero signore nelle Marche era il papa e, infatti, si parla più che altro di sub-infeudazione; nel caso dei duchi di Urbino, l’obiettivo era dar vita a una cerchia di dignitari fidati.
Per quanto riguarda la storia dell’infeudamento del Castello di Isola del Piano, una storia di intrighi, equivoci, riconoscenza postuma, ci si deve riferire a Baldassarre Castiglione, noto per aver scritto il celebre testo-manuale “Il Cortegiano”.
Questi, infatti, nel 1512 ebbe in premio la promessa di essere infeudato nel Castello di Novilara, grazie ai servizi resi a Guidobaldo da Montefeltro e Francesco Maria della Rovere, sotto la cui guida egli aveva vissuto gli anni più intensi della sua vita come letterato, uomo di corte e diplomatico.
Nel 1522, però, sotto la pressione dei nobili locali, Novilara venne restituita a Pesaro, e solo nel 1574 Guidobaldo II fece tardiva riparazione, cedendo a Camillo Castiglione, figlio di Baldassarre, il Castello di Isola del Piano. Dopo varie peripezie e vicissitudini legate a fraintendimenti con il pontefice, Baldassarre Castiglione approdò alla carriera ecclesiastica fino alla morte avvenuta nel 1529.
Una vita piena e densa di stimoli culturali fu quella vissuta dall’uomo di corte, che entrò in contatto con i letterati e gli artisti più in voga del momento, da Pietro Bembo, a Giuliano dei Medici, figlio del noto Lorenzo il Magnifico, oltre ad altri rimatori e umanisti.
Sfogliando le pagine del libro del Castiglione, il lettore può assaporare l’atmosfera di nostalgia che permeava la penna dell’uomo di corte mentre trascriveva quelle conversazioni, o meglio “i soavi ragionamenti e l’oneste facezie” tenuti dalla duchessa Elisabetta Gonzaga con lui e altri uomini di corte, che ispirarono il suo lavoro.
Come molti sogni, però, anche questo del Castiglione ebbe un brusco risveglio, nel momento in cui il ducato venne sottratto alla famiglia e donato al duca Guidobaldo II della Rovere, finché non arrivò nelle mani del sergente maggiore e architetto Giambattista Gotto di Messina.
Una struttura architettonica legata a doppio filo alla famiglia dei Castiglione è anche la chiesa della Santissima Annunziata, il monumento più antico di Isola del Piano.
Sorse, infatti, nel XIV secolo come oratorio della “Fraternita dei disciplinati di Santa Maria”, passò poi al Capitolo di San Giovanni in Laterano di Roma nel 1474 per approdare infine ai domenicani di Urbino nel 1493. Fu nel 1600 che divenne chiesa privata dei Castiglione, poi della famiglia Bartolini (in epoca postunitaria).
Poco a poco perse la sua funzione di santuario, tanto che venne adibita a magazzino prima di entrare a far parte del patrimonio pubblico dell’Amministrazione comunale, che investì risorse ed energie per ripristinarne l’antico splendore. Splendore reso evidente dai frammenti degli affreschi che è possibile intravedere ancora lungo le mura della struttura, e dal dipinto, datato 1622, di Girolamo Cialdieri, “Riposo durante la fuga in Egitto”, la cui precedente collocazione si trovava su uno degli altari laterali dell’antica chiesa di San Cristoforo, andata distrutta a causa di una frana.
Il dipinto mostra il riposo della Sacra Famiglia, su cui vegliano gli angeli, nel momento in cui stavano fuggendo dall’Egitto per sottrarre Gesù dalle terribili e insanguinate mani di Erode.
Per quanto concerne gli affreschi, nel corso degli anni si sono stratificati gli uni sugli altri; quelli rimasti visibili sono due: una “Madonna in trono col Bambino, San Domenico e San Francesco d’Assisi”, risalente al 1521, attribuita alla cerchia di Giovanni Santi, padre di Raffaello, la cui bottega, infatti, vide il passaggio di numerosi collaboratori, che si sparsero poi su tutto il territorio, diffondendo la specifica arte e il particolare stile del loro maestro.
All’artista Giovanni Antonio Bellinzoni da Pesaro è attribuito invece l’altro affresco di cui, ancora oggi, si conservano le tracce, la “Madonna della Misericordia e Dio Padre che scaglia le frecce”, la cui datazione esatta è però ignota: probabilmente si tratta di un’opera risalente alla seconda metà del XIV secolo.
Quello che è possibile riconoscere, in ciò che rimane dell’affresco, è la figura di una Madonna che, per proteggere dalle frecce lanciate da Dio Padre e dagli angeli i fedeli inginocchiati ai suoi piedi, li avvolge nel suo mantello.
Il significato simbolico sotteso all’opera è l’idea di una Chiesa che offre protezione e soccorso ai fedeli devoti dalle tempeste, dalle devastazioni ambientali causate da terremoti, epidemie e altre calamità.
Non una freccia, ma una spiga di grano è stretta, pronta per essere scagliata a fertilizzare il terreno, nella mano destra dell’idolino che si nota arrivando ad Isola del Piano.
Opera dell’artista contemporaneo Pino Mascia, questa statua in bronzo, raffigurante un tipico amorino dotato di arco e frecce, simboleggia la storia, la cultura, il modello di vita e, in particolare, l’anima biologica del paese.
Sì, perché tutto, nella statua, richiama la natura di Isola del Piano: i capelli riccioluti, formati da spighe di grano, la cintola che sostiene la faretra, con la frase “O tu che salvi, colpisci, fai che io viva”, un auspicio, una vera e propria invocazione alla terra ed alla sua fertilità, e il nome inciso sulla base su cui poggia l’amorino, ovvero Graziella Ra.
Questo è il nome di una varietà di grano frutto delle terre di Isola del Piano, un frumento antico la cui origine è egiziana: il grano, infatti, è stato ritrovato durante uno scavo archeologico in Egitto ed è giunto in Italia sul finire degli anni Settanta, grazie a un archeologo che lo scoprì e che chiese, se questo fosse riuscito ad attecchire in Italia, di denominarlo Graziella, in ricordo della figlia uccisa durante la Seconda Guerra Mondiale.
Ra, invece, è una divinità dell’antico Egitto, il dio-sole: esso, infatti, donando calore e luce alla terra, contribuisce alla nascita e allo sviluppo delle specie vegetali presenti sulla Terra, frumento compreso.
Da alcuni anni, viene conferito dal Comune di Isola del Piano un riconoscimento speciale a chi si è distinto nella tutela dell’ambiente, della cultura, della biodiversità e della sostenibilità e tale riconoscimento prende il nome proprio di Premio Idolino Graziella Ra.
Una piccola chiesa, un’abitazione e una possente cinta muraria: questo è tutto ciò che rimane di Castelgagliardo, antico castello Malatestiano la cui fondazione è da far risalire al XIV secolo.
Chi si reca in visita a Isola del Piano non può non sostare in questi luoghi suggestivi, da cui si gode di una vista mozzafiato che si estende dal Monte Catria al mar Adriatico e sull’intera valle del Metauro.
Castelgagliardo, infatti, rivestiva una cruciale importanza per la posizione strategica su tutto il territorio dei comuni di Isola del Piano e Montefelcino. Non si hanno notizie precise circa la data della sua fondazione, né sull’identità del suo fondatore: è probabile che sia stata una famiglia feudale provenzale, i Galhart (da cui deriva proprio “Castelgagliardo”) a insediarsi in questa zona collinare, pervasa oggi dal silenzio e dalla pace, intorno all’anno Mille.
Nel corso degli anni il castello assunse sempre maggior importanza, tanto che è menzionato in vari documenti del Trecento, come il Codex diplomaticus, la Descriptio Marchiae Anconitanae e le Costitutiones Aegidianae.
Tra i personaggi che vengono ricordati provenienti da Castelgagliardo ve ne è uno, in particolare, che si distinse tra gli altri: si tratta di Maestro Andrea, un medico operante a Pesaro, il cui nome si richiama al fatto che l’antica chiesa qui presente, quella di Santa Maria del Carmine, era dedicata proprio a Sant’Andrea.
Castelgagliardo, alla fine del Settecento, perse lo status di Comune, probabilmente a causa del numero esiguo di abitanti (erano appena 321 cittadini nel 1656) e fu annesso a Isola del Piano.
Rimane baluardo e simbolo del Castello la chiesa intitolata a Santa Maria del Carmine, composta da una navata con tre altari, sul cui centrale troneggia un dipinto raffigurante una Madonna col Bambino ai cui piedi troviamo San Tommaso e Monsignor Simone Stock, di nazionalità inglese e generale dell’ordine dei Carmelitani.
Questi fu protagonista di una storia particolare: si narra, infatti, che la Madonna gli comparve in una visione nella quale gli prometteva che, chiunque fosse morto indossando l’abito carmelitano, si sarebbe salvato.
Nella frazione di Castelgagliardo è sita “La Fattoria della Legalità”, una struttura e un’organizzazione ospitata nel primo bene confiscato alla mafia nelle Marche, poi ceduto al Comune di Isola del Piano.
Promossa da Libera, questa “casa dell’antimafia sociale” ha assunto il ruolo di centro di formazione e di diffusione della cultura della legalità a disposizione di tutto il territorio e in particolare il mondo giovanile, mentre numerose attività coinvolgono anche la cittadinanza in generale.
Tra Isola del Piano, Urbino e Fossombrone spicca una vasta zona naturalistica di immensa importanza dal punto di vista turistico e paesaggistico.
Stiamo parlando dei Monti delle Cesane, superficie ricoperta da formazioni forestali già prima dell’epoca romana; fu infatti in questo periodo che si iniziò a perpetrare lo sfruttamento del suolo; le Cesane devono il loro nome proprio al verbo latino “caedere”, cioè “tagliare”.
In questa zona, a quel tempo, venivano tagliati gli alberi per procurarsi il legname; fu così che il paesaggio subì un brusco cambiamento nella superficie boschiva.
Fu poi durante la Prima Guerra Mondiale che, ad opera dei prigionieri austriaci, vennero impiantati Pini neri d’Austria e, via via, altre specie arboree facendo sì che la zona si ripopolasse di verde.
Pini marittimi, Abeti bianchi, Abeti rossi, Pini d’Aleppo, Cipressi comuni, Cipressi dell’Arizona, Cipressi di Lawson, Cedri dell’Atlante e, addirittura, specie che provengono direttamente dai monti dell’Himalaya, i Cedri deodara, popolano la Foresta Demaniale delle Cesane. Donano una nota di colore le bacche blu del Ginepro comune e quelle rosse del Ginepro ossicedro.
Grazie al rimboschimento, il suolo di nuovo protetto diventa terreno fertile per le piante autoctone, tra cui spiccano Roverella, Orniello e Leccio.
Non solo piante protette, nella Foresta Demaniale, ma anche specie faunistiche trovano rifugio e protezione in questa zona delle Cesane, in particolare l’avifauna.
Non è raro, infatti, vedere l’Aquila reale che veleggia nel cielo per procacciarsi il cibo per poi nidificare nei dintorni del massiccio del Furlo.
Troviamo poi tordi, picchi, pettirossi, cince, verzellini, averle, luì e il crociere.
Tra i mammiferi, invece, abbondano cinghiali, daini e caprioli, ma anche lepri, donnole, faine e ghiri, scoiattoli, moscardini, volpi e tassi, attirati dalla gran quantità e abbondanza di frutti selvatici e micro mammiferi di cui cibarsi, come topi.
Tra i rettili si annoverano biacchi e bisce dal collare, oltre al saettone.
Gino Girolomoni, ex sindaco di Isola del Piano e padre dell’agricoltura biologica in Italia, aveva un sogno, quello di non stare dalla parte di chi distrugge il mondo, ma da quella in cui il mondo, la terra, la natura vengono coltivati, amati, protetti.
E questo sogno, Gino Girolomoni, lo plasmò, lo coltivò e lo rese reale.
Il Monastero di Montebello ha origini antichissime, risalenti al XIV secolo, così come documentato da Padre Bernardino Pucci, Priore del Monastero nel 1638.
Un luogo che gode del fatto “d’esser rimasto intatto e libero dall’acque dell’universal diluvio”, come scrive Padre Pucci, uno spazio coperto di verde, di terreni fertili per i pascoli, circondato da noci, castagni, cipressi e querce.
Il Monastero si trova nell’altopiano delle Cesane, tra Urbino, Fossombrone e Isola del Piano e venne riportato in vita, da rudere qual era, da Gino Girolomoni, che decise di trasformarlo nella sua abitazione, ma anche in un luogo di scambio di riflessioni, di cultura sulla civiltà contadina.
Oggi è sede della Fondazione Girolomoni, che si occupa di attività culturali e incontri dal vivo, della Fattoria didattica e del Museo della Civiltà Contadina “Sulle tracce dei nostri padri”, oltre che un rifugio per quanti vogliano scappare dalla confusione quotidiana e ripararsi in un luogo ameno (il Monastero di Montebello è anche un bed and breakfast, con cinque camere per alloggiare e due sale meeting per riunioni o attività di diverso genere, da yoga a meditazione, e con altre sei camere nella vicina Locanda Girolomoni).
Interesse particolare lo suscita proprio il Museo, nato negli anni Settanta, che è suddiviso in due sezioni: una ospita reperti di ceramica e fonti scritte sulle testimonianze delle civiltà che via via si sono susseguite nel territorio delle Cesane.
La seconda comprende attrezzi e utensili impiegati dalla società contadina, dunque birocci, calessi, aratri in legno, ma anche gli arnesi utilizzati dagli artigiani di una volta, dal fabbro allo scalpellino, dal calzolaio al vasaio.
Il Museo comprende anche dei mulini a pietra e un pastificio, visitabili su prenotazione. Nel 1977 Gino Girolomoni è stato il principale fondatore di una cooperativa che fu uno dei primi produttori a introdurre il biologico nelle Marche, in Italia e oltre: solo nel 1987, infatti, fu dato alle stampe il primo regolamento europeo sul metodo di produzione biologico. Insomma, un amore sconfinato per la terra, per il territorio, per la natura e il mondo.
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