Paese mio che stai sulla collina, disteso come un vecchio addormentato”, cantavano i Ricchi e Poveri e chissà che non avrebbero potuto riferirsi a Cartoceto, questo borgo adagiato sul dorsale di una collina soleggiata, protetto dalle mura antiche e circondato da un mare di olivi.
Le origini di Cartoceto si perdono nella notte dei tempi e risalgono, probabilmente, all’epoca romana: ne sono testimonianza alcuni ritrovamenti rinvenuti presso l’antica Pieve, come un’iscrizione datata 79 a.C., che suggerisce la presenza, in quel punto, di una struttura eretta per onorare qualche divinità.
Alcuni storici ritengono infatti che la fondazione di Cartoceto si debba far risalire al periodo della battaglia del Metauro (207 a.C.) tra romani e cartaginesi.
Questi ultimi, impossibilitati a tornare a casa, si stanziarono in queste zone e fondarono Carchidon o Charthada da cui, in latino, Chartaginensium coetus e, in traduzione, Cartoceto.
Secondo altri storici, il nome deriva da Crates, cioè canne, o da Carex, ovvero carice, pianta erbacea con cui venivano ricoperti i tetti delle abitazioni del territorio su cui sorge Cartoceto.
Sicuramente il paese si sviluppò ulteriormente in epoca medievale, quando, nel XII secolo, continue lotte fratricide tra famiglie nobili che volevano impossessarsi dei territori contigui fecero sì che venne costruito un castello e una cinta muraria per difendere il paese, tenuto conto che Cartoceto rappresentava uno dei baluardi di difesa di Fano.
In età moderna un terribile terremoto distrusse la rocca, che non fu più ricostruita e la città si trasformò, poco a poco, in un tranquillo centro abitato.
Scorci, viuzze intervallate da deliziose piazze che si susseguono l’una dopo l’altra, finestre che si aprono su campi di oliveti e natura incontaminata, fiori e piante ad adornare usci e lucernari… e ancora grotte, palazzi storici, atelier d’arte, luoghi di storia e spiritualità, e una miriade di intriganti racconti.
Tutto questo è il centro storico di Cartoceto, il cui nucleo storico ha una conformazione particolare e unica nel suo genere: le vie sono organizzate a spina di pesce, lungo la strada principale (un tempo definita “via di mezzo”) che scende entro le mura e prosegue verso piazza Garibaldi, ex Piazza del Mercato, su cui si affaccia Palazzo del Popolo, una struttura trecentesca che si distingue per la particolare Torre dell’Orologio, su cui è affisso un orologio solare fatto costruire nel XVII secolo e che fu più volte restaurato.
Sulla facciata del Palazzo spiccano due stemmi della famiglia Rusticucci, uno è in pietra arenaria e si caratterizza per la presenza di due chiavi e una spada disposte a croce su un campo azzurro, con dei rami di alloro e quercia, sovrastati da una corona che simboleggia un castello.
Sotto l’arcata del Palazzo, custodita in una nicchia, una piccola statua di una Madonna Nera di Loreto. In piazza Garibaldi, infine, fa bella mostra di sé anche la caratteristica fontana che accoglie, dal 1941, quanti si affaccino in questo spazio.
Proseguendo per le vie del borgo, nella via omonima, si erge Palazzo Marcolini.
La struttura, oggi sede degli uffici del municipio, sede del Conte Marcolini prima e della famiglia Bezziccheri poi, ospitò un albergo negli anni sessanta del secolo scorso.
Ciò che lo caratterizza sono i meravigliosi soffitti decorati a tempera e i controsoffitti a cassettoni con modanature a stucco. Il piano terra è occupato dall’Antica Biblioteca “Afra Ciscato”, oggi anche polifunzionale spazio multimediale.
Altri elementi architettonici che contribuiscono a rendere magico il borgo sono la Torre delle Mura Castellane, del XII secolo, da cui si può godere del paesaggio circostante che si spande sugli oliveti e su tutto il territorio del Metauro, fino a Fano; la Fontana dell’olio, in via Marcolini, realizzata dal monaco scultore Padre Stefano Pigini e che si rifà alla tradizione olivicola del borgo, raffigurando metaforicamente la Dea dell’abbondanza dai cui seni sgorga il prezioso oro verde.
Sul lato est del paese troviamo poi Piazza Marconi, conosciuta come “La Turchia”, così definita perché da qui i cartocetani riuscivano ad avvisitare gli sbarchi dei saraceni; e, infine, Piazza XX Settembre, nella zona della Rocca, dirimpetto alla Collegiata di Santa Maria della Misericordia e al Santuario della Beata Vergine delle Grazie.
Ma i tesori di Cartoceto non sono nascosti solo all’interno delle mura: fuori dal centro, infatti, su un terrapieno roccioso e arenario, è collocata, dall’XI secolo, l’antica torre di avvistamento malatestiana “Torre di Ripalta”, che, dall’alto dei suoi 15 metri, è stata testimone di scontri, duelli, battaglie e vittorie.
Presso la frazione di Ripalta, infine, troviamo l’antico lavatoio, formato da due vasche e murato in una struttura in pietra rosa squadrata del Furlo e mattoni.
Una vera e propria chicca dal punto di vista artistico, architettonico e culturale è rappresentata dal Teatro del Trionfo che sorge in Piazza Marconi, autentico belvedere che si erge su distese di uliveti e che guarda sino al blu della costa fanese.
Realizzato nella prima metà del Settecento ad opera di alcuni notabili locali sulle spoglie di un ex frantoio e deposito di olive, il Teatro conserva lo scheletro ligneo e tante altre sorprendenti meraviglie che ogni visitatore può scoprire varcandone la soglia.
La pianta del teatro è a ferro di cavallo, circoscritta, ai lati, dal boccascena e da due linee verticali con dei dipinti sulle scanalature.
Nella sala d’ingresso fanno sfoggio di sé un antico sipario e le quinte risalenti alla metà dell’800.
Si tratta della Sala del Liverani, dove è custodito il sipario realizzato dall’artista faentino Romolo Liverani che raffigura un ambiente agreste, accanto al quale sono rappresentati il Palazzo del Popolo di Cartoceto, la Villa del Balì di Saltara e un tempio classico, che, leggenda tramanda, fu eretto sul Colle di San Martino in onore di Marte.
Percorrendo poi i gradini che conducono al piano superiore, si può ammirare la sala del teatro vero e proprio che simula l’ordine dei palchi tramite uno scheletro ligneo posizionato nel mezzo del locale.
Lo spazio scenico è estremamente versatile permettendo persino l’inversione della platea e del palco e realizzando così un piccolo teatro elisabettiano con la scena al centro e il pubblico tutto attorno.
All’interno dello stabile si trova anche la Sala Dondero, dove è possibile ammirare in 20 scatti, il progetto che il grande maestro della fotografia Mario Dondero dedicò a Cartoceto.
Il teatro ospita ogni anno diverse iniziative, la principale sicuramente nel mese di novembre durante “Cartoceto Dop, il Festival – Mostra Mercato dell’olio e dell’oliva” durante il quale, dal 2014 ad oggi, hanno calcato il palco artisti di fama nazionale e internazionale.
Nel centro di Cartoceto sono ubicati antichi luoghi di culto che spingono alla riflessione, alla preghiera, alla spiritualità.
Si parte dalla chiesa di Santa Maria della Misericordia, nel cuore del borgo, una struttura sorta nel 1400, ma poi restaurata più volte e trasformatasi in Collegiata. L’attuale edificio reca la data del 1831 e si trova di fronte a Piazza XX Settembre.
Varcando l’ingresso è immediatamente visibile un simulacro in legno raffigurante la Santa Casa di Loreto, portato in processione per adorazione della Madonna; sul lato sinistro della piazza spicca invece il Santuario Mariano Diocesano della Beata Vergine delle Grazie, in cui fa sfoggio di sé un affresco che riproduce una Madonna in trono col Bambino Gesù.
Questa opera fu realizzata nella seconda metà del 1800, come forma di ringraziamento a Maria per aver guarito una nobildonna da una malattia che sembrava incurabile.
Dal 1877 l’immagine fu trasferita in chiesa e posta all’interno della cappella edificata appunto per l’occasione dall’architetto Mengaroni.
La chiesa contiene altre opere d’arte sacra, come il dipinto della Madonna del Rosario, raffigurante Pio V che ringrazia la Madonna per la vittoria di Lepanto; oppure l’immagine Madonna in trono con San Giovanni Battista e San Bernardino.
Immediatamente sopra l’altare spicca invece la Madonna della Misericordia, opera del XVII secolo e nei pressi dell’uscita è esposto il quadro Madonna in trono con a fianco San Sebastiano e San Rocco
Prima di lasciare la Collegiata di Santa Maria della Misericordia, occorre citare uno strumento unico nel suo genere, simbolo di canti e note in chiesa: l’organo.
Un cenno meritano anche gli arredi liturgici, come l’altare e l’ambone, risalenti agli anni Novanta dello scorso secolo, realizzati dal frate scultore Pigini e dall’allievo Galiardi.
Lasciando, a questo punto, il centro e inoltrandoci fuori dal borgo, incontriamo, nel verde del Monte Partemio, il Convento e la chiesa di Santa Maria del Soccorso, la cui fondazione risale al XVI secolo, ma dell’antica struttura rimangono solo una parte della torre, una sala del convento e parte della muratura della chiesa.
Ricostruito nel 1782, l’edificio conserva molte tele che sono dei veri e propri gioielli, tra cui una Concezione dell’artista Morganti, che operò nel 1500; tre pale d’altare del Settecento realizzate dal pesarese Pietro Tedeschi; il dipinto Madonna del Soccorso, custodito nella cappella della chiesa. Un altro edificio di grande importanza per il territorio è la Pieve dei Santi Pietro e Paolo, che sorge in cima a una collina sopra la valle del Metauro.
Tale struttura, di origine romana, si distingue per un suggestivo portico a cinque arcate retto da pilastri che fanno da cornice all’ingresso. All’interno spiccano tre dipinti e un organo Fedeli del ‘700 restaurato recentemente. Un altro luogo degno di nota è la chiesa parrocchiale dei Santi Biagio e Cesareo nella frazione di Ripalta, ove è custodita una antica statua di legno raffigurante la Madonna col Bambino, nota anche come Santa Maria in campo fiori o di campofiori. Un cenno lo merita anche la Chiesetta di S. Anna, un piccolo gioiello di architettura rurale risalente al 1600, ubicato lungo la via omonima.
Immediatamente sopra l’altare spicca invece la Madonna della Misericordia, opera del XVII secolo e nei pressi dell’uscita è esposto il quadro Madonna in trono con a fianco San Sebastiano e San Rocco.
Prima di lasciare la Collegiata di Santa Maria della Misericordia, occorre citare uno strumento unico nel suo genere, simbolo di canti e note in chiesa: l’organo.
Un cenno meritano anche gli arredi liturgici, come l’altare e l’ambone, risalenti agli anni Novanta dello scorso secolo, realizzati dal frate scultore Pigini e dall’allievo Galiardi.
Lasciando, a questo punto, il centro e inoltrandoci fuori dal borgo, incontriamo, nel verde del Monte Partemio, il Convento e la chiesa di Santa Maria del Soccorso, la cui fondazione risale al XVI secolo, ma dell’antica struttura rimangono solo una parte della torre, una sala del convento e parte della muratura della chiesa.
Una gioia per gli occhi e per le papille gustative è quanto Cartoceto offre a quanti si vogliano concedere delle prelibatezze uniche e riconosciute a livello nazionale e internazionale e assaporare dei prodotti certificati.
Il borgo, infatti, è capofila dell’unica DOP olearia della regione e si caratterizza per una fitta rete di aziende agricole di prodotti preziosi quali formaggi caprini, di fossa, creme, conserve e vinicoli.
La storia dietro la certificazione della denominazione di origine protetta è antica.
Già dal XVI secolo l’olio era sottoposto a severi controlli: tutte le partite di olive che giungevano ai frantoi dovevano necessariamente essere annotate, per contrastare ogni fenomeno di furto o contrabbando.
Ma ciò che rende così speciale l’olio Cartoceto è il territorio in cui sorgono gli olivi, un territorio che risente in maniera benefica del microclima peculiare, delle altitudini non troppo elevate, dei confini dei monti Partemio e della Mattera, del suolo che è prevalentemente tufaceo-arenaceo, delle correnti del fiume Metauro e dei venti freddi che derivano dalle Cesane: tutto ciò ha permesso agli olivi di svilupparsi e l’olio racchiude nel suo sapore tutta l’essenza di questo territorio.
Vicino al mare, invece, vengono coltivate le uve Bianchello del Metauro, di origine antichissima: addirittura si narra che Asdrubale, comandante dell’esercito cartaginese, nel 207 a.C., nella celebre battaglia del Metauro cadde rovinosamente perché inebriato dal piacere che la sera antecedente allo scontro derivò dal sorseggiare proprio il Bianchello.
Questo vino è il frutto di uva autoctona, tipico della zona del pesarese, che ha sviluppato particolari caratteristiche e una personalità decisa. È un vino dal sapore secco e gradevole con un delicato profumo che si mescola al suo colore giallo paglierino.
Un’altra eccellenza vinicola è il Sangiovese, un vino dalle peculiarità organolettiche originali, che lo differenziano da prodotti provenienti dal medesimo vitigno coltivato in zone diverse. Il suo rosso intenso e il suo sapore richiamano il gusto della ciliegia e dei frutti di bosco.
Passando al settore gastronomia, sono i formaggi caprini e quelli di fossa, derivanti da latte di pecora, misto vaccino e di capra, a fare di Cartoceto un’eccellenza in campo alimentare. Freschi e spesso guarniti di erbe e fiori delle colline cartocetane, i formaggi caprini diventano vere e proprie opere d’arte da mettere in tavola.
Ciò che contraddistingue invece i formaggi di fossa è la stagionatura, che si protrae per tre mesi in fosse ovali scavate nella roccia delle case del borgo, come l’antica tradizione vuole, tra fine agosto e inizio settembre.
Da Piazza Marconi o dalle “copertelle” di via delle Mura, lo sguardo si perde lungo le curve morbide delle colline e si lascia andare al verde intenso degli uliveti che le ricamano, un verde che si fonde pian piano con l’azzurro del mare.
Anche questo è Cartoceto: paesaggio affascinante e ammaliante da vivere e da percorrere su strada, attraverso tanti itinerari, a piedi o in bicicletta.
I colli, appena superata la frazione di Lucrezia, danno l’idea di serrarsi, di sormontarsi l’uno sull’altro, impedendo la vista dell’orizzonte; ma, giunti alla Pieve dei Santi Pietro e Paolo, il panorama si apre all’improvviso e gli occhi si perdono nell’intera vallata del Metauro, dalle cime del Monte Catria, al mare Adriatico che bagna Fano.
Cartoceto si trova lì, racchiuso e protetto da questa distesa di uliveti e antichi boschetti, in un affascinante paesaggio senza tempo che rapisce gli occhi, la mente e il cuore.
Da segnalare è un percorso tra antichi mulini e vecchie fonti e lavatoi; si tratta de “La via dell’acqua”, ovvero dieci itinerari ad anello che si articolano su cammini di tipo naturalistico, artistico, culturale, storico e religioso.
Lo scopo di questi percorsi è l’andare alla ricerca di strade poco conosciute, alla scoperta di vie e luoghi nascosti.
Sono semplici itinerari, percorribili da chiunque, attraverso i quali è possibile ammirare degli scorci paesaggistici nuovi, sconosciuti, incorniciati ora dalla limpidezza del cielo terso primaverile, ora offuscati dalla nebbia che avvolge ogni elemento in periodo autunnale.
Enogastronomia, cicloturismo, arte, musica e cultura.
Queste sono le parole chiave che definiscono il ricco programma di incontri ed eventi che si susseguono a Cartoceto durante tutto l’arco dell’anno. In autunno, in occasione delle prime due domeniche di novembre, si tiene l’evento principale del territorio, “Cartoceto Dop, il Festival – Mostra Mercato dell’Olio e dell’Oliva”.
La storica mostra mercato dell’olio e dell’oliva con il suo mezzo secolo di storia, si arricchisce di un ricco corollario di iniziative: percorsi sul vino, degustazioni di olio e altre prelibatezze, laboratori di enogastronomia, spettacoli pensati per i più piccoli, oltre a grandi concerti nel suggestivo Teatro del Trionfo, mostre, percorsi verdi a piedi o in bicicletta, visite presso le aziende agricole e i frantoi; insomma, un modo per vivere il territorio a tutto tondo.
Protagonista dei mesi invernali è invece “Trionfo Gourmet”, un evento in cui il Teatro del Trionfo si trasforma in una sala ove è possibile cenare in eleganza, con piatti di cucina gourmet e vini scelti da esperti sommelier, il tutto con un piacevole programma musicale a far da tema alle serate.
In primavera ha luogo “Conterranea”, un tour per i comuni dell’areale di produzione della DOP Cartoceto, che coniuga enogastronomia e narrazione del territorio nei luoghi di grande valenza artistico-culturale.
L’estate si accende poi con “Stelle d’Argento”, ristorazione e musica nella suggestiva notte delle stelle cadenti e “Parchi d’estate”, spettacoli teatrali, concerti, eventi per i più piccoli da godersi nelle calde serate, al fresco delle tante aree verdi del comune.
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