Mondolfo e Marotta la terra delle “Due vacanze in una”. Dal sorgere del sole sul mare a Marotta, fino al tramonto in collina dietro al borgo di Mondolfo, un’esperienza che unisce in sé due anime, quella tipicamente marittima, rappresentata da Marotta, e quella collinare,
Mondolfo, uno dei borghi più belli d’Italia. Un intreccio di stili, dall’antico romanico al contemporaneo, si fonde nelle vie, negli edifici, nelle opere architettoniche e d’arte che compongono il meraviglioso museo a cielo aperto di Mondolfo.
La storia di questo borgo ha origini molto antiche: già nel VI secolo gli antichi costruirono un castello bizantino sulla sommità della collina a balcone sul mare lungo un diverticolo della consolare Flaminia. Una zona collinare fertile, ricca e prosperosa, grazie anche alle fonti naturali che garantivano l’approvvigionamento idrico. Il nucleo originario che qui si insediò prese il nome di Castel Marco, il quale, tra il XIII e il XIV secolo si allargò costruendo una cinta muraria fortificata intorno al borgo che assunse la denominazione di Mondolfo, da Montoffus, ovvero Monte di Offo, nome del capostipite della famiglia feudale che guidò il castello sino alla venuta dei Malatesta.
Una teoria più fantastica racconta che il nome di Mondolfo derivi da Mons-Ophis, monte del serpente (ophis, appunto), in quanto nella zona vivevano numerosi rettili.
Dopo i Malatesta, furono i Della Rovere ad avere la signoria su questa Terra e riuscirono a rendere Mondolfo un territorio florido; tra il Cinquecento e il Seicento, le famiglie nobiliari del luogo approfittarono per abbellire i loro palazzi, chiese e residenze, rendendo il borgo un vero e proprio gioiellino.
Nei primi anni del Novecento, infine, si ampliò anche Marotta, una spiaggia in quel tempo abitata solo da pescatori, oggi zona capofila nell’economia legata al turismo balneare premiata da due importanti bandiere: quella verde per la vocazione da sempre ad ospitare i bambini e da quella blu per le sue acque cristalline e la qualità dei servizi balneari.
Se la Toscana è stata la terra che ha dato i natali al celebre architetto Francesco di Giorgio Martini, le Marche hanno rappresentato la sua terra d’elezione. In questi territori baciati dal mare, il genio di quest’uomo ha operato e Mondolfo, in particolare, occupa un posto d’onore, in quanto è uno dei pochi luoghi citati all’interno di un trattato scritto di suo pugno.
A Mondolfo, infatti, Francesco di Giorgio ha realizzato un moderno sistema fortificato dato dalla rocca, poi atterrata, e dalle mura castellane.
Per ricordare e celebrare l’uomo e le strutture da lui progettate ed edificate in tutta Italia, è nato il progetto Terre Martiniane, che comprende un insieme di luoghi, Comuni, Enti, Associazioni uniti nel nome dell’architetto e Mondolfo è capofila di tale programma, che oggi vanta oltre venti associati tra Comuni e organismi.
Terre Martiniane vuol essere una testimonianza del passaggio dell’architetto, mediante un percorso virtuale in cui si racconta la storia di questo Ingegnario del Rinascimento.
E così scoprendo Terre Martiniane, ci si imbatte in una originale caratteristica di Mondolfo, ovvero la doppia cinta muraria che proteggeva il borgo, una più antica di epoca tardo bizantina, su cui si innesta la seconda di età roveresca, con la tradizionale forma a mandorla, espressione delle teorie militari di Francesco di Giorgio Martini come le mura scarpate quali quelle al belvedere del castello, dove si domina l’Adriatico.
Il Bastione Sant’Anna, un avamposto militare dalla caratteristica forma poligonale, è espressione militare del Cinquecento. Si tratta di una costruzione imponente, che andò a sostituire la torre originaria come rinforzo e collegamento di due tratti di cortina difensiva; nei sotterranei del forte, i locali espositivi di Terre Martiniane.
Da non perdere il “giardino martiniano”, quel giardino all’italiana che spicca all’interno del bastione, posizionato nella zona più soleggiata di Mondolfo, dove, anche in relazione al
monastero benedettino che quivi sorgeva, fu realizzata perfino una limonaia, una sorta di serra in cui conservare anche nei periodi più freddi piante come limoni e arance.
Palazzi borghesi e residenze aristocratiche sono testimonianza di antiche ricchezze economiche, commerciali e agricole e custodiscono storie avite, documentate dalle lapidi che si incontrano lungo le strade del borgo.
Dalla Piazza del Comune, soluzione urbanistica di inizio Novecento, con il palazzo comunale in stile neogotico dominato dalla Torre civica, si propagano come raggi vie e scalinate nei differenti sensi.
Lasciando il centro verso la settecentesca Collegiata di S.Giustina e varcando Porta S. Maria, si entra nel complesso monumentale di Sant’Agostino, costituito da una grande chiesa, un chiostro
dedicato alla preghiera e il Museo Civico: si tratta di un vero e proprio polo culturale, il cuore pulsante del sapere, della conoscenza degli uomini e delle donne che hanno operato a Mondolfo.
All’interno del complesso fanno sfoggio di sé affreschi seicenteschi dedicati a Sant’Agostino e lo svettante campanile, con il superbo concerto di campane.
Mondolfo ha una tradizione musicale legata a questi suoni, infatti è definita proprio “Il paese delle belle campane”.
La chiesa monumentale di Sant’Agostino è intitolata a S.Maria del Soccorso: fondata a fine Duecento e più volte ampliata oggi può essere assimilata a una Pinacoteca, considerate le tele che
contiene, della scuola del Barocci, del Tiziano, e poi opere del Ridolfi, Ernst van Schayck, Ceccarini, Cialdieri, Presutti, Tiarini… pittori
celebri del Cinque-Seicento marchigiano, formatisi a Roma o a Venezia, insieme a opere di fini ebanisti e intagliatori.
Il Museo civico contiene importanti reperti dell’archeologia pre romana, come la celebre stele Picena, ritrovata nei campi intorno al paese e oggetto di studio di tanti professori, in quanto sarebbe testimonianza della diffusione della lingua Picena nelle Marche settentrionali.
Il Museo conserva anche resti del corredo funerario del guerriero Gallico di Mondolfo, il cui elmo e le cui corazza e spada vennero rinvenuti negli anni Trenta; o la macchina oraria pontificia, il grande orologio a ore gallicane realizzato per la torre civica nel 1857 e oggi perfettamente funzionante; la Memoria della fisarmonica racconta come Mondolfo, con i suoi opifici, fu fra le prime realtà italiane nella produzione di questo strumento sin dall’Ottocento, poi lasciato con l’avvento dell’elettronica, ed oggi il paese rientra negli itinerari regionali di questo strumento.
Infine, all’interno delle stanze
museali è allestita una sezione dedicata alla civiltà contadina e artigiana: Mondolfo era, tra l’altro, famosa per la costruzione di carri agricoli con i birocciai.
La Valle dei Tufi: questo il nome suggestivo ed evocativo che designa una parte del territorio di Mondolfo, percorso molto amato da bikers e appassionati di trekking. Si tratta di un’area compresa tra Mondolfo, San Costanzo e Stacciola caratterizzata da queste formazioni marine del pliocene inferiore, composte da sabbie e arenarie cementificate tra loro.
Affascinanti nell’aspetto, polverose al tatto, le pareti costituite da queste sabbie rappresentano uno sfondo davvero scenografico per quanti vogliano percorrere l’area del santuario della Madonna delle Grotte, fulcro della Valle dei Tufi.
Passeggiando per questa zona, si potranno ammirare alberi come roverella, orniello, olmo e carpino nero, pioppi e robinia, intervallati da cespugli di biancospino, prugnolo, rovi e meravigliose roselline selvatiche e, i più attenti, potranno imbattersi anche in volpi, fagiani, quaglie, civette, assioli, upupe, usignoli, pettirossi e gruccioni, uccelli migratori che costruiscono i loro nidi nelle sabbie della valle, dal piumaggio multicolore.
Il percorso, che si snoda tra filari di viti e verdi oliveti, offre anche due storiche fonti idriche originarie del 1526, la fonte grande a Mondolfo e la fonte piccola di Stacciola.
La zona, originariamente, era ricca di grotte scavate nella sabbia, utilizzate a mo’ di nascondiglio e dispensa alimentare; proprio dirimpetto al santuario della “Madonna delle Grotte”, infatti, si innalzava, nel luogo ove oggi troviamo una verdeggiante pineta, una collina con tali grotte-rifugio: in quest’area venne collocata una edicola sacra con la statuetta in terracotta della Vergine con Bambino, alla quale fu poi dedicato il Santuario nel 1682.
Proprio da qui si può partire per percorrere l’intera Valle,
passando per Stacciola e proseguendo per San Costanzo, attraversando poi Mondolfo prima di tornare al punto di partenza. Un percorso affascinante, che permette di immergersi nella
tranquillità e nella serenità che solo la natura può offrire. Un itinerario particolarmente amato anche dai biker meno esperti, che attraversano i comuni e le frazioni tramite la cicloturistica della Valle dei Tufi.
Nel mezzo del verde della campagna mondolfese, che vanta il riconoscimento di spiga verde FEE, sulla riva sinistra del fiume Cesano, costruita con materiali di recupero di epoca romana, sorge l’Abbazia di San Gervasio di Bulgaria, una delle più antiche chiese della Diocesi di Senigallia, se non una delle più enigmatiche, che offre, a quanti varchino la soglia, uno scrigno di tesori e segreti misteriosi.
Risalente al secolo V-VI, la struttura sorge nel mezzo di un’area archeologica, in una zona occupata dai Bulgari, una popolazione barbara che strinse alleanza con i Longobardi.
L’edificazione dell’Abbazia a ridosso della Strada Provinciale 424 della Valcesano non desta stupore e questo perché, un tempo, le chiese e i templi venivano appositamente innalzati nei pressi delle strade di maggior afflusso, proprio affinché il Verbo si diffondesse in maniera più agevole e capillare.
Tra l’altro, in questo territorio, è altamente probabile che si trovasse la stazione di posta di Ad Pirum Filumeni, così come riportato nella Tabula Peutingeriana, luogo di scambi commerciali e non solo.
Esternamente, l’Abbazia mostra una pianta basilicale composta di tre navate, all’interno, invece, si presenta una sola navata principale,
in seguito ai rimaneggiamenti che, durante il Settecento, interessarono le parti interne alla chiesa.
L’altare è rivolto a Est, dalla parte in cui sorge il sole, perché la Chiesa venera proprio il Sole di Giustizia, ovvero Cristo Signore.
A metà della navata è possibile individuare la soglia di un varco, forse la porta della precedente struttura, ingresso alla costruzione più antica dell’Abbazia, la cui datazione originale è avvolta nel mistero, probabilmente si può legare a un martyrium, ovvero un luogo
ove si venerava la reliquia di un santo.
Ma è la cripta “a fungo” la particolarità suggestiva dell’intera Abbazia, un manufatto sorretto da una colonna in marmo cipollino, nel cui mezzo si trova il più grande sarcofago ravennate delle Marche, un vero gioiello d’arte, che tradizione vuole contenere il corpo di San Gervasio con incise la Croce, il labaro costantiniano, i pavoni e l’edera.
Merita attenzione anche il Fonte battesimale, risalente al XII secolo,
oggi salvaguardato nel Palazzo comunale di Mondolfo.
Nel rinomato centro balneare di Marotta, spiaggia Bandiera Blu e Verde, il litorale alterna zone di spiaggia sabbiosa e spiaggia sassosa,
mentre il fondale è uniformemente sabbioso. Ampia la pista ciclabile che costeggia la passeggiata e il relativo muretto di separazione
dalla spiaggia.
La località ha ispirato la celebre canzone “Il Mare d’Inverno” del noto cantautore Enrico Ruggeri, “Marotta da sempre
mi trasmette grandi emozioni… ha qualcosa di magico, sempre, anche d’inverno”. Anche l’arte concorre ad impreziosire questo luogo, testimone ne è il “Lungomare dei mosaici”, fra il Lungomare Colombo e Via Faà di Bruno. Qui, infatti, troviamo, per circa due chilometri, una rielaborazione moderna del tipico mosaico
arabo e bizantino, realizzato già dal 2016 con materiale di scarto e recupero in forma aggregativa, su progetto del grafico Giuliano
De Minicis, grazie al lavoro di un centinaio di ragazzi e ragazze. Un vero e proprio progetto inclusivo, di squadra, che ha visto la grande
collaborazione tra amministrazione, cittadini e volontari.
Si chiama trencadís la tecnica con la quale è stato composto questo straordinario mosaico; essa consiste nell’unire frammenti di vetro, marmo, ceramica e altri oggetti di scarto per dare colore al grigio tipico dei muretti del lungomare, così come deriva dagli insegnamenti di Antonio Gaudí: dalla rottura del materiale, la mattonella viene ricomposta in un mosaico che può essere a fantasia oppure rappresentare un vero e proprio disegno.
Ma la bellezza di queste opere non risiede solo nei mosaici, ma anche nel lavoro di organizzazione che c’è dietro: il gruppo si riunisce d’inverno per decidere i temi da proporre, con la bella stagione, poi, si lavora direttamente sui muretti.
I temi sono di importanza sociale, da quello della denutrizione infantile, a quello della violenza sulle donne, all’idea di pace, inclusione sociale, amicizia. Tanti gli artisti coinvolti nell’operazione, invitati a partecipare lasciando un proprio apporto personale lungo i muretti.
Complicità, contaminazione, amicizia: tutto questo è contenuto all’interno delle mattonelle che compongono il meraviglioso mosaico simbolo di Marotta. E non solo lì: sulla città, infatti, sventola la Bandiera Verde, un riconoscimento conferito dai Pediatri Italiani a quelle località a misura di bambino, per la qualità delle acque limpide e basse vicino alla riva, e la pulizia delle spiagge, oltre a strutture che offrono ogni comfort ai bambini e alle loro famiglie.
A Marotta, poi, tanti sono gli sport acquatici che gli appassionati possono praticare, dal windsurf, allo stand up paddle, alla barca a vela. Insomma, una vera e propria vacanza dedicata al relax e al divertimento, che accontenta proprio tutti.
Ciò che caratterizza Marotta e rappresenta un richiamo in campo enogastronomico sono senz’altro i garagoi, molluschi molto simili alle lumache di mare, da cui si distinguono per il guscio più ruvido ed elaborato.
I garagoi, vera e propria specialità di Marotta, vengono pescati in quel tratto di mare che va da Rimini ad Ancona e la loro preparazione, che si tramanda di generazione in generazione, richiede tanta pazienza e fatica.
Gli estimatori e i curiosi hanno la possibilità di gustarli in occasione della Sagra dei Garagoi che, dal lontano 1948, viene organizzata ogni anno verso la fine del mese di aprile.
Questa sagra venne ideata dai pescatori di Marotta, che avevano un sogno, ovvero quello di far conoscere le origini marinare e le peculiarità turistiche della loro città. E così, per tre giorni, a fine aprile, si possono assaporare i garagoi in tutte le salse, da quelle legate alla tradizione, a quelle più innovative e contemporanee.
Un’usanza, poi, è legata a questa Sagra, e vuole che ogni sette baci, ovvero sette garagoli, si debba anche sorseggiare un bel bicchiere di vino.
Oltre a questa tradizionale festa, a Marotta si celebra anche la Festa della Tratta, che accoglie tutti i mesi di luglio sia cittadini sia turisti a gustare una cena in riva al mare, assaggiando i piatti della tradizione culinaria locale, ma non solo. Durante questa festa, infatti, protagonista è anche la rievocazione storica della pesca a strascico.
A primavera da non perdere a Mondolfo due piatti legati a due manifestazioni enogastronomiche. Il primo per la sagra della Spaghettata gli spaghetti con sugo, tonno e alici alla mondolfese, per dirla in dialetto: “il sug sal tonn e alic” e il secondo sono i “tajulìn
sa la fava”, una caratteristica pasta lunga storicamente realizzata dalle massaie le quali, per via della povertà, mescolavano la farina di grano con quella di fava che rende la pasta di un particolare colore tendente al castano e che si potranno gustare anche alla “Festa dei Magnafava”. Entrambi i piatti sono oggi prodotti tradizionali della Regione Marche.
Utilizza il modulo sottostante per contattarci!