Per giungere al Santuario del Beato Sante, a pochi chilometri dal centro storico di Mombaroccio, occorre addentrarsi nel bosco circostante e percorrere una strada che, in pieno autunno, offre un’immagine di sé suggestiva e fiabesca, col tappeto di foglie gialle, arancioni e marroncine che si sentono scricchiolare a ogni passo.
La fondazione del Santuario risale al 1223, ad opera dei frati francescani, che ancora oggi ne hanno cura. “La chiesa e il convento del Beato Sante sono un complesso di grande importanza per la storia civile, religiosa ed architettonica delle Marche”, scriveva nel XIII secolo papa Niccolò IV e oggi non possiamo che confermare queste parole, perché il Santuario è davvero un riferimento importante per i fedeli, oltre a rappresentare un polo artistico e culturale.
Il complesso architettonico si presenta come il risultato di sette secoli di interventi e della commistione di stili differenti, che lo hanno reso unico e particolare. Il lato est si mostra con la sagomatura architettonica tradizionale che dà spazio alla navata principale e su cui si erge il maestoso e originale campanile, con i suoi capitelli in pietra bianca. Il porticato di pietra di Sant’Ippolito, lo stupendo portone del 1300 in legno di larice, le rappresentazioni sotto il porticato ci restituiscono l’immagine di un complesso architettonico unico nel suo genere.
L’interno della chiesa ospita la Cappella del Beato Sante, realizzata nel XVIII secolo, che conserva le spoglie mortali del Beato. Qui troviamo anche una tela attribuita al Favini e affreschi di Ciro Pavisa, come il già citato “Miracolo delle ciliegie”.
Ma quale ruolo è attribuito al Beato Sante, quali le azioni che lo hanno reso così importante per Mombaroccio? Giansante Brancorsini: questo era il nome del ventisettenne che, nel 1370, bussò alle porte del convento della chiesa di Santa Maria di Scotaneto e chiese al Padre Guardiano di accoglierlo nel convento in segno di penitenza per un peccato che aveva commesso e il cui rimorso lo tormentava da un anno: per legittima difesa, egli aveva involontariamente colpito a morte un parente che, colto da un raptus di follia, stava per ucciderlo.
Il Beato Sante, si racconta, fu protagonista di tre singolari episodi che fecero gridare al miracolo: dopo averla benedetta rese fertile una quercia sterile da anni che produsse una quantità incredibile di ghiande sulle quali era incisa una piccola croce; rese mansueto un lupo selvatico che aveva incontrato lungo il cammino di ritorno al convento e che stava per sbranarlo e infine, tra l’incredulità di tutti i frati che vivevano con lui, in pieno inverno riuscì a far produrre delle ciliegie dall’albero del convento.